27 gennaio
PER NON DIMENTICARE .....
PER NON DIMENTICARE .....
Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa apriva i
cancelli
di Auschwitz-Birkenau, il campo di sterminio che incarna
e simboleggia l’orrore della Shoah.
La scoperta di
Auschwitz e le testimonianze dei
sopravvissuti rivelarono per la prima volta al mondo
l’orrore dell’olocausto nazista.
Il termine Olocausto si riferisce all’uccisione
compiuta dalla Germania nazista di tutte quelle
persone ritenute “indesiderate” : omosessuali, ebrei,
oppositori politici, zingari, testimoni di geova, ecc.
Si stima che sei milioni di ebrei siano stati sterminati.
Shoah significa “desolazione, catastrofe, disastro”.
Questo termine venne adottato per la prima volta nel 1938,
dalla comunità ebraica in Palestina.
Da allora definisce nella sua interezza
la strage della popolazione ebraica in Europa.
Nel giorno della memoria, shoah
Nel giorno della memoria
ricordiamoci di guerre assurde
senza senso, di forni accesi
pronti a uccidere anime innocenti.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci di urla non ascoltate
di quell'indifferenza al dolore
di chi è morto ingiustamente.
Nel giorno della memoria
ricordiamo di quanto l'uomo
sia una vera bestia
di quella morale persa a combattere.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci dell'atrocità
di ogni assurdo gesto compiuto
di quelle vite che non ci sono più.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci dei fatti
di quei "orrori " compiuti
di chi non c'è più.
Di vite colpite senza "colpe".
ricordiamoci di guerre assurde
senza senso, di forni accesi
pronti a uccidere anime innocenti.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci di urla non ascoltate
di quell'indifferenza al dolore
di chi è morto ingiustamente.
Nel giorno della memoria
ricordiamo di quanto l'uomo
sia una vera bestia
di quella morale persa a combattere.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci dell'atrocità
di ogni assurdo gesto compiuto
di quelle vite che non ci sono più.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci dei fatti
di quei "orrori " compiuti
di chi non c'è più.
Di vite colpite senza "colpe".
Silvana Stremiz
Mio padre era tra i prigionieri
di guerra che nell’autunno del 1943 furono internati nel campo di Ziegenhain , Stalag IX /
A, situato a 55 km. a sud ovest di Kassel in Assia.
(Succursale di Buchenwald: Campo di concentramento. )
Diceva sempre: “ Sono stato fortunato, anche se il lavoro
era durissimo, si partiva alle 6 del mattino e dopo due, anche tre ore di
marcia si arrivava sul posto di lavoro, fino alla sera alle 18 e dopo altre ore
di marcia eravamo di nuovo nelle baracche. Sono stato fortunato perché ho
lavorato in posti dove ho trovato persone che di nascosto mi davano qualcosa in
più da mangiare, e a volte qualche indumento che mi facevano indossare sempre
di nascosto e in inverno faceva comodo avere qualche maglia in più.
Il tragitto di andata e ritorno era faticoso ma non mi sono
più lamentato quando una sera, arrivati nelle baracche con 4 ore di ritardo,
abbiamo visto uscire il comandante del campo con 5 prigionieri prelevati dalla
nostra baracca che non abbiamo più rivisto. In seguito ho saputo che erano
stati uccisi perché ritenuti colpevoli di aver ammazzato e mangiato il cane del
comandante. Se fossimo arrivati prima avrei potuto essere tra i “ prescelti a
caso “ com’era stato per loro.”
Eccolo, il lager di Ziegenhain.
La vita del KG (Kriegsgefangene,
prigioniero di guerra) era dura, pur non trattandosi di uno dei campi di
sterminio di Hitler, vere fabbriche della morte. Ziegenhain era nato nel 1939
per rinchiudere i soldati polacchi e francesi. Nel'41 i KG francesi
erano 32.000 su 35.000.
La mappa dello Stalag IX A
La zona riservata ai tedeschi è attigua
al campo principale, occupato soprattutto da francesi, che dopo la resa della
Francia sono definiti internati con "diritto" a un contratto di
lavoro. L'estendersi del conflitto fa arrivare KG di altre nazioni: dal 1941,
dopo l'invasione dell'U.R.S.S., un settore separato da reticolati è riservato
ai russi, dove nel settembre '43 sono deportati gli italiani.
Lavori forzati
Il lager era più duro per gli
sfortunati segregati nella zona separata, adibiti ai lavori forzati più
pesanti.
I russi che vi erano stati deportati
costituirono solo un terzo dei reclusi del campo, ma i due terzi delle vittime;
nella stessa zona erano gli italiani.
Ai 600.000 militärinterierten
italiani si negò il trattamento previsto dalla Convenzione di Ginevra. Hitler
li usò nell'industria bellica e nelle miniere, dove la mortalità
era elevata. Schiavi cedibili alle case farmaceutiche a 170 marchi
cadauno, affittabili alle fabbriche a 6 marchi al giorno...
Nel luglio '44 l’accordo
Hitler-Mussolini li trasformò in "lavoratori civili": altra beffa,
imposta o presentata come mera formalità ai soldati, adibiti ai lavori forzati
come prima.
Intanto i fascisti si aggiravano nei
lager chiedendo adesioni alla R.S.I., offrendo un miglior trattamento.
Ai militari vanno aggiunti i circa
40.000 italiani deportati nei KZL, i campi di sterminio: 7-10.000 ebrei,
oltre 30.000 antifascisti e partigiani.
Di costoro, ben 36.000
morirono di stenti, sevizie, camere a gas.
In tutto, ben 78.216
italiani, secondo i registri dei decessi compilati dai tedeschi in ogni
lager.
L'incubo è finito: milioni di uomini
e nazioni intere vengono liberati dal dominio nazista.
Sulle
macerie dei bombardamenti si ricomincia a pensare al futuro.
(
Fonte : www.salvateilsoldato.altervista.org )
Quattro settimane
prima della resa del Reich tedesco , 8 Maggio 1945, a Kassel si pone fine alla guerra e il nazionalsocialismo:
soldati americani marciano sul Wilhelm Allee nella città in rovina. ( Archivio
Foto: HNA )
Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi
Coro dei superstiti
Noi superstiti
dalle nostre ossa la morte
dalle nostre ossa la morte
ha già intagliato i suoi flauti,
sui nostri tendini
sui nostri tendini
ha già passato il suo archetto.
I nostri corpi ancora si lamentano
col loro canto mozzato.
Noi superstiti
davanti a noi, nell'aria azzurra,
pendono ancora i lacci
I nostri corpi ancora si lamentano
col loro canto mozzato.
Noi superstiti
davanti a noi, nell'aria azzurra,
pendono ancora i lacci
attorti per i nostri colli,
le clessidre si riempiono
le clessidre si riempiono
ancora con il nostro sangue.
Noi superstiti,
ancora divorati dai vermi dell'angoscia
la nostra stella è sepolta nella polvere.
Noi superstiti
vi preghiamo:
mostrateci lentamente il vostro sole.
Guidateci piano di stella in stella.
Fateci di nuovo imparare la vita.
Altrimenti il canto di un uccello,
il secchio che si colma alla fontana
potrebbero far prorompere il dolore
a stento sigillato
e farci schiumar via .
Vi preghiamo:
non mostrateci ancora
ancora divorati dai vermi dell'angoscia
la nostra stella è sepolta nella polvere.
Noi superstiti
vi preghiamo:
mostrateci lentamente il vostro sole.
Guidateci piano di stella in stella.
Fateci di nuovo imparare la vita.
Altrimenti il canto di un uccello,
il secchio che si colma alla fontana
potrebbero far prorompere il dolore
a stento sigillato
e farci schiumar via .
Vi preghiamo:
non mostrateci ancora
un cane che morde
potrebbe darsi, potrebbe darsi
che ci disfiamo in polvere
davanti ai vostri occhi.
Ma cosa tiene unita la nostra trama?
Noi, ormai senza respiro,
la nostra anima è volata
potrebbe darsi, potrebbe darsi
che ci disfiamo in polvere
davanti ai vostri occhi.
Ma cosa tiene unita la nostra trama?
Noi, ormai senza respiro,
la nostra anima è volata
a lui dalla mezzanotte
molto prima che
molto prima che
il nostro corpo si salvasse
nell'arca dell'istante .
Noi superstiti,
stringiamo la vostra mano,
riconosciamo i vostri occhi
ma solo l'addio ci tiene ancora uniti,
l'addio nella polvere
ci tiene uniti a voi .
nell'arca dell'istante .
Noi superstiti,
stringiamo la vostra mano,
riconosciamo i vostri occhi
ma solo l'addio ci tiene ancora uniti,
l'addio nella polvere
ci tiene uniti a voi .
(Nelly Sachs - Opere scelte –
Shemeul Josef Agnon )
Paura
Oggi il ghetto prova una paura
diversa,
Stretta nella sua morsa, la Morte
Stretta nella sua morsa, la Morte
brandisce una falce di ghiaccio.
Un male malvagio sparge
Un male malvagio sparge
il terrore nella sua scia,
Le vittime della sua ombra
Le vittime della sua ombra
piangono e si contorcono.
Oggi il battito di un cuore
di padre narra del suo terrore
E le madri nascondono
E le madri nascondono
la testa tra le mani.
Adesso qui i bimbi
Adesso qui i bimbi
rantolano e muoiono di tifo
Il loro sudario sconta un’amara tassa.
Il loro sudario sconta un’amara tassa.
Il mio cuore batte ancora nel mio
petto
Mentre gli amici partono per altri mondi.
Forse è meglio – chi può saperlo?
Assistere a ciò oppure morire oggi?
Mentre gli amici partono per altri mondi.
Forse è meglio – chi può saperlo?
Assistere a ciò oppure morire oggi?
No, no, mio Dio, voglio vivere!
Senza vedere dissolversi i nostri numeri.
Vogliamo avere un mondo migliore,
Vogliamo lavorare – non dobbiamo morire!
Senza vedere dissolversi i nostri numeri.
Vogliamo avere un mondo migliore,
Vogliamo lavorare – non dobbiamo morire!
Eva Pichová,
dodici anni, Nymburk
La garanzia
Nel
Sonderkommando
ti
erano
garantiti
erano
garantiti
tre
mesi
di lavoro
mesi
di lavoro
latte
pane
lenzuola pulite
pane
lenzuola pulite
cioccolata
dolciumi
cognac
dolciumi
cognac
e
tre
mesi
di vita.
Lily Brett
La farfalla
L’ultima, proprio
l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
l’ultima,
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno
nel cortile.
Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
l’ultima,
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno
nel cortile.
Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
(Pavel Friedman, Praga
1921 – Auschwitz 1944)
FILO SPINATO
Su un acceso rosso tramonto,
sotto gl'ippocastani fioriti,
sul piazzale giallo di sabbia,
ieri i giorni sono tutti uguali,
belli come gli alberi fioriti.
E' il mondo che sorride
e io vorrei volare. Ma dove?
Un filo spinato impedisce
che qui dentro sboccino fiori.
Non posso volare.
Non voglio morire.
scritta da Peter,
bambino
ebreo ucciso nel ghetto di Terezin
La notte
Mai dimenticherò quella notte,
la prima notte nel campo,
che ha fatto della mia vita una lunga notte
e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti
dei bambini di cui avevo visto i corpi
trasformarsi in volute di fumo
sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme
che bruciarono per sempre la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno
Mai dimenticherò quel silenzio notturno
che mi ha tolto per l’eternità
il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti
che assassinarono il mio Dio e la mia anima,
e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò,
anche se fossi condannato
a vivere quanto Dio stesso. Mai.
Elie Wiesel,
Schindler's List - Music Video